SI AVVICINA L’OTTO MARZO E NOI VI RACCONTIAMO UNA STORIA VERA…

Nella cella di un lager, una notte un uomo in divisa
entra e cerca di violentare una donna. La donna reagisce
e riesce ad opporsi al tentativo di stupro, anche
grazie all’aiuto della sua compagna di cella. Di lì a
breve le due donne, insieme ad altre, verranno legate,
fatte inginocchiare e picchiate selvaggiamente da
quello stesso aguzzino e dai suoi sgherri. La loro
colpa è di essersi rivoltate contro le condizioni disumane
di vita in quel lager e per questo, dopo il
pestaggio, vengono portate in carcere e processate.
A testimoniare contro di loro, ovviamente, il solito
uomo in divisa. Non appena lui entra nell’aula del
processo, le donne si mettono a urlare che è uno stupratore
e una di loro mima, davanti alla giudice,
come e dove le avesse messo addosso le mani. La
giudice l’accusa di calunnia, perché quell’uomo è
intoccabile – è un uomo di Stato – e il suo operato
non deve essere messo in discussione.
Le donne vengono tutte condannate a sei mesi di
carcere per la rivolta e, quando arriva il giorno della
scarcerazione, vengono prelevate di notte e portate
in altri lager.
Sembra una storia d’altri tempi, dell’epoca in cui le
divise nazi-fasciste avevano in mano mezza Europa.
Ma non è così.
Quella che vi abbiamo raccontato è una vicenda
cominciata all’inizio dello scorso agosto a Milano, nel
Centro di identificazione ed espulsione (Cie, ex Cpt)
di via Corelli: uno dei 13 lager per immigrate/i sparsi
sul territorio italiano. L’aguzzino è l’ispettore-capo
Vittorio Addesso, le due donne che hanno reagito al
tentativo di stupro si chiamano Joy ed Hellen e sono
entrambe nigeriane, come le altre con cui sono, poi,
state violentemente picchiate dagli uomini di
Addesso.
Attualmente Joy, dopo sei mesi di carcere per non
essersi piegata alle regole violente del Cie di Milano,
è rinchiusa nel Centro di identificazione ed espulsione
di Modena.
Forse non lo sapevate, ma anche nella vostra tranquilla
cittadina c’è un lager: è proprio accanto al carcere,
in via La Marmora, in periferia così la sua vita
non disturba chi crede di vivere nel migliore dei
mondi possibili, dove i lager sono solo un lontano
ricordo.
Lì de

SI AVVICINA L’OTTO MARZO E NOI VI RACCONTIAMO UNA STORIA VERA…

Nella cella di un lager, una notte un uomo in divisa
entra e cerca di violentare una donna. La donna reagisce
e riesce ad opporsi al tentativo di stupro, anche
grazie all’aiuto della sua compagna di cella. Di lì a
breve le due donne, insieme ad altre, verranno legate,
fatte inginocchiare e picchiate selvaggiamente da
quello stesso aguzzino e dai suoi sgherri. La loro
colpa è di essersi rivoltate contro le condizioni disumane
di vita in quel lager e per questo, dopo il
pestaggio, vengono portate in carcere e processate.
A testimoniare contro di loro, ovviamente, il solito
uomo in divisa. Non appena lui entra nell’aula del
processo, le donne si mettono a urlare che è uno stupratore
e una di loro mima, davanti alla giudice,
come e dove le avesse messo addosso le mani. La
giudice l’accusa di calunnia, perché quell’uomo è
intoccabile – è un uomo di Stato – e il suo operato
non deve essere messo in discussione.
Le donne vengono tutte condannate a sei mesi di
carcere per la rivolta e, quando arriva il giorno della
scarcerazione, vengono prelevate di notte e portate
in altri lager.
Sembra una storia d’altri tempi, dell’epoca in cui le
divise nazi-fasciste avevano in mano mezza Europa.
Ma non è così.
Quella che vi abbiamo raccontato è una vicenda
cominciata all’inizio dello scorso agosto a Milano, nel
Centro di identificazione ed espulsione (Cie, ex Cpt)
di via Corelli: uno dei 13 lager per immigrate/i sparsi
sul territorio italiano. L’aguzzino è l’ispettore-capo
Vittorio Addesso, le due donne che hanno reagito al
tentativo di stupro si chiamano Joy ed Hellen e sono
entrambe nigeriane, come le altre con cui sono, poi,
state violentemente picchiate dagli uomini di
Addesso.
Attualmente Joy, dopo sei mesi di carcere per non
essersi piegata alle regole violente del Cie di Milano,
è rinchiusa nel Centro di identificazione ed espulsione
di Modena.
Forse non lo sapevate, ma anche nella vostra tranquilla
cittadina c’è un lager: è proprio accanto al carcere,
in via La Marmora, in periferia così la sua vita
non disturba chi crede di vivere nel migliore dei
mondi possibili, dove i lager sono solo un lontano
ricordo.
Lì de

Sabato 27 febbraio

Apprendiamo dai quotidiani locali che Casa Pound modena vorrebbe organizzare in una sala comunale del centro storico una conferenza per sabato 27 febbraio e che gli organizzatori avrebbero sollecitato anche la presenza di un esponente del PD.
Troviamo gravissimo sia che la circoscrizione ed il comune concedano una sala ad un gruppo fascista sia lo spazio mediatico che i fascisti del terzo millennio si sono ritagliati.
Ricordiamo che dove Casa Pound ha messo radici, sempre ostentando facce pulite, sono immediatamente iniziati gli attacchi agli spazi sociali autogestiti, ai "diversi" ed agli antifascisti.
Chi permetterà agibilità a Casa Pound in città deve assumersi la responsabilità di qualsiasi conseguenza che questa infausta scelta porterà con se.
Già il sindaco Pighi ha in passato vomitato la frase che avranno con Casa Pound lo stesso atteggiamento avuto con lo sgombero di Libera mettendo sullo stesso piano due storie sociali e politiche antitetiche, iniziando così le grandi manovre del PD che dalle dichiarazioni di Violante sulla riabilitazione dei Repubblichini di Salò ha pensato come la vecchia DC di avvalersi della teoria degli opposti estremismi.
Ciò che sta accadendo è molto grave e facciamo appello a tutto il mondo dell’antifascismo ad aumentare al massimo la vigilanze e le iniziative di contrasto.
Spazio Sociale Libera, Collettivo Anarchico de "Gli Agitati", Antifascisti Antiautoritari.

Anarchicicarpi.

Sabato 27 febbraio
ore 16
Libera organizza
in piazza
XX settembre
un presidio-banchetto antifascista
contro la
presenza
in città di
casa pound.

SABATO 27 FEBBRAIO ALLO SPAZIO “29LUGLIO”

DALLE ORE 16.00 PRESENTAZIONE CON GLI AUTORI DEL FILM : "COLPO AL CUORE" MORTE NON ACCIDENTALE DI UN MONARCA

A SEGUIRE ALLE ORE 20.00 CENA SOCIALE VEGAN

 

morte non accidentale di un monarca è un documentario storico diverso dal solito.
Le interviste e le analisi che attraversano il film hanno due differenti direzioni.
La prima è ripercorrere la vita di Gaetano Bresci e il regicidio di
Umberto I, con la chiara volontà di raccontare il personaggio,
praticamente dimenticato dai libri di storia, ed analizzare un contesto
difficile che l’Italia ha vissuto come quello dell’epoca umbertina.
L’altra è l’analisi politica del gesto: la volontà di riscatto,
l’azione individuale al di là della propaganda del fatto,
l’impossibilità di restare inermi di fronte a delle atroci ingiustizie.
Un gesto contestualizzabile anche ai giorni nostri, al di là dei
sovrani e dei potenti. Un gesto vivo in chiunque abbia, come Bresci, la
forza rivoluzionaria di dire basta ed abbattere il simbolo…