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Siamo alle soglie del duemilanove ed è tempo di elezioni
amministrative a Carpi. Si sono già aperte da un po’ le varie discussioni su
chi candiderà il tal gruppo, chi promette cosa, o chi ha pensato di costituirsi
lista civica.
Sicuramente, quello che si coglie dalla gente, nelle
discussioni in piazza o nei bar, è la voglia di cambiamento. A Carpi sono
decenni (dal dopo guerra) che si vive una stagnazione a livello amministrativo,
cosa che ha permesso al centro-sinistra di stabilirsi sul “trono” delle cariche
più alte del comune, accentrando su di se qualsiasi potere decisionale e
creando, di conseguenza, un forte distacco dal pensiero di chi Carpi la abita,
ma anche favorendo la costruzione di una rete di scambi di favori non proprio
chiari tra le più grandi aziende di Carpi e il Partito. Fatto che, per altro,
concorre a rendere questa terra sempre più sfruttata ed invivibile; sempre più
cemento, sempre meno terra.
Questa situazione di stasi, questo non essere ascoltati e
questa voglia di cambiamento, hanno provocato un pericoloso scivolamento di
consensi verso chi fa discorsi più “schietti”, pieni di falso interesse
populista e retorica fascista: la destra razzista di lega nord, AN e forza
italia. I quali pur di sottrarre qualche voto al “Partito” tentano di riempire
le voragini lasciate dalla politica degli sprechi, mettendo in campo bellissime
parole di propaganda e buoni propositi falsi come monete da tre euro. Oppure
facendo terrorismo psicologico, spargendo paranoia sulla sicurezza e psicosi anti-immigrati; tutte cose che, la
storia ci insegna, sono seme di razzismo e xenofobia.
In altri casi, invece, queste circostanze hanno portato le
persone ad organizzarsi al di fuori delle istituzioni, creando comitati cittadini,
assemblee e gruppi di discussione per contestare le politiche di distruzione
ambientale, spreco, profitto senza condizioni ma non solo.
Questo è un chiaro segnale del fatto che sempre più persone
capiscono come in realtà non esistono partiti dalla parte del cittadino, perché
“l’istituzione comune” in sé lo impedisce, creando sempre di più uno scudo di
burocrazia intorno alla gestione politica della comunità atto a mantenere le
persone nell’ignoranza, per poterle sfruttare.
La volontà di questi individui di riunirsi, discutere e
mettere in crisi ciò che viene imposto dall’alto è data da necessità
impellenti, ma ha spesso ragioni molto più profonde della protesta fine a se
stessa, e sfocia nella consapevolezza di essere esclusi da qualunque decisione.
L’unico modo per far valere le proprie ragioni e tentare di
riprendere dal basso la gestione della società, quindi, è auto-organizzarsi;
cosa che è molto importante, ma per essere davvero utile deve essere
accompagnata da una delegittimazione di tutto il sistema. Tutto ciò per fare in
modo di eliminare questa distanza che esiste tra gli individui, la vita politica
e quella sociale; parti fondamentali del posto in cui si vive.
La parvenza democratica che dà il voto, dunque, non è altro
che un consenso indiscriminato “a qualunque cosa si faccia”; e a nessuno è
permesso di dissentire. Si basti guardare le recenti politiche di
privatizzazione dell’acqua, gli orrori ambientali, commessi con la complicità
della maggioranza, che approva costruzioni ovunque mettendo così in dubbio il
nostro futuro insieme a quello dell’ambiente che ci circonda, ma non solo, è
sufficiente pensare a tutte le cose che non vanno e a quanto, in realtà, venga
presa in considerazione la nostra opinione.
A tutti questi problemi, quindi, l’unica vera soluzione è
l’auto-organizzazione delle persone; accompagnata, però, dalla delegittimazione
delle istituzioni.
Detto questo sembra una scelta più che logica non votare, se
si vuole riprendere parte alla vita politica e alla gestione diretta di tutto
ciò che riguarda la società, ma anche e soprattutto se si vogliono evitare
future catastrofi ambientali, verso cui sindaci e assessori in primis ci
portano di corsa. Astenersi dal voto, infatti, è un diritto come deve essere un
diritto l’autogestione, nonché la cosa più sensata da fare visto l’andazzo.
E allora, che non sia giunto davvero il momento di smetterla
con le cattive vecchie abitudini? Magari, poi, si potrebbe impiegare il tempo
risparmiato non andando alle urne in cose più costruttive; si potrebbe, ad
esempio, far prendere un po’ d’aria (defenestrandolo) ad un sistema che ha lo
stesso odore del catrame e degli scarichi delle auto.
-Tusbo-