Carpi niente alcol in strada dopo le 22!

da L’informazione venerdi 3 luglio 2009

Giro di vite del Comune sul consumo di bevande nel centro storico e in alcuni parchi cittadini
Niente alcol in strada dopo le 22
Ordinanza operativa già da ieri. I trasgressori rischiano multe salate

di Francesca Meschieri

Giro di vite del Comune di Carpi sul consumo di bevande alcoliche nel centro
storico e vie limitrofe:l’ordinanza,firmata lo scorso martedì dal neo rieletto
sindaco Campedelli di concerto con la Prefettura,mira a contrastare il fenomeno
dei bivacchi notturni di giovani non solo extracomunitari che,stando
ai numerosi esposti e segnalazioni
pervenute dai cittadini, sono ormai diventati una seria e preoccupante minaccia
non solo della tranquillità dei residenti ma anche della sicurezza dei fruitori
di parchi ed aree pubbliche della città.
«La nostra ordinanza –spiega Campedelli- non fa altro
che dare seguito ad un provvedimento del ministro dell’Interno Maroni,che consente
ai sindaci dei Comuni di promuovere azioni sul territorio per garantire condizioni di
sicurezza urbana,coesione sociale e decoro pubblico.
Abbiamo dato voce ai nostri concittadini, sempre più preoccupatiper alcune situazioni di
degrado riscontrate nelle vie e nei parchi adiacenti al centro storico e che sono direttamente conseguenti all’abuso di sostanze alcoliche:il problema non riguarda
soltanto gli schiamazzi che disturbano il sonno dei residenti e in generale
la quiete pubblica,ma spesso determina anche episodi più gravi che sfociano
in risse, atti di vandalismo e scempio dei luoghi pubblici,come l’abbandono di
bottiglie e bicchieri di vetro vuote,persino sulle finestre delle case e nelle aree
verdi,rese in questo modo infrequentabili da parte di famiglie con bambini e comuni cittadini;senza contare –conclude il sindaco- l’inutile spesa pubblica che ne deriva».
Il tema centrale attorno a cui ruota il provvedimento riguarda non solo il divieto di
consumare bevande alcoliche dalle 22 alle 6 del mattino (se non negli immediati pressi
dei locali notturni) ma si inserisce in un più ampio processo di responsabilizzazione
civica e sociale,auspicata anche dal vicesindaco Lorena Borsari: «I dati che abbiamo raccolto fotografano una situazione abbastanza preoccupante che coinvolge i consumatori di alcolici –conferma il vicesindaco- innanzitutto l’età in cui si comincia ad abusarne si è notevolmente ridotta (11-12 anni) fino a raggiungere il picco intorno ai 15 anni, mentre gli adulti,nonostante
divieti e controlli, spesso si mettono alla guida ubriachi con il rischio di causare
gravi incidenti.
L’obiettivo è quello di aprire un dialogo con le giovani generazioni, richiamandole
ad un senso maggiore di integrità e decoro sociale che mira ad educare alla
convivenza nel rispetto degli altri».

Le zone “critiche”individuate dal provvedimento sono quindi numerose e,insieme
a Piazza Garibaldi e Piazza Martiri,coinvolgono anche la stazione ferroviaria,il parco
delle Rimembranze, parco San Nicolò, i giardini retrostanti il Teatro Comunale ed
il Palazzo Municipale di Corso Alberto Pio, nonché le vie Berengario e Corso Fanti.

E le sanzioni?
Pesanti per chi non osserverà il divieto:partiranno da un’ammenda
minima di venticinque euro, fino a diecimila per gli episodi più gravi.

 Lo sceriffo Campedelli vuole aprire un dialogo con le nuove generazioni con i divieti: un pedagogista nato!

forse qualcuno dovrebbe insegnargli che il decoro e la sicurezza la sta distruggendo lui cementificando il territorio e svuotando strade e piazze! grazie Campy mi inchino davanti alla tua lungimiranza!

 

SABATO 11 LUGLIO 2009 CORTEO CONTRO LO SGOMBERO DEL BOCCACCIO

Concentramento ore 15 a Monza (luogo da definirsi)

 
Lo sgombero di mercoledì 1 non ferma il nostro percorso.

Per
questo motivo rilanciamo da subito una mobilitazione per sabato 11, per
riportare nel cuore della città le istanze che ci hanno portato ad
occupare l’ex cinema Apollo.
 
FOA BOCCACCIO 003 – Monza
 
per adesioni
boccaccio@autistici.org

I FATTI DEL 1 LUGLIO 2009

Il
1 luglio a Monza si è creato un precedente importante nel rapporto tra
il collettivo della FOA BOCCACCIO, la Questura e le forze politiche.
Mentre mai prima d’ora si erano verificati problemi di ordine pubblico
durante le iniziative della FOA BOCCACCIO, l’intervento maldestro e
violento della Questura di Milano ha creato un clima cittadino di
tensione. A farne le spese è stato soprattutto un ragazzo della FOA
BOCCACCIO, finito in ospedale con codice di urgenza giallo (assegnato
ai pazienti in potenziale pericolo di vita) in seguito a una
manganellata sulla testa e un altro ragazzo che ha riportato una
frattura ad un dito della mano.

i fatti

Prima di esporre valutazioni sui fatti del 1 luglio 2009, è necessario ripercorrere con lucidità gli accadimenti.
Lo sgombero dell’ex Cinema Apollo, occupato da pochi giorni dal
collettivo della FOA BOCCACCIO, è iniziato alle ore 6:00 del mattino.
Una settantina di attivisti (tra cui anche alcune realtà milanesi e
metropolitane che da tempo lavorano con il Boccaccio) ha fronteggiato
con determinazione l’intervento coatto delle forze dell’ordine, ponendo
in campo una resistenza passiva assolutamente pacifica: senza
travisamenti, oggetti di offesa né di difesa. Gli attivisti sono stati
accerchiati, chiusi in un angolo di fronte all’ex cinema, e schiacciati
dagli scudi di polizia e carabinieri, mentre altri agenti hanno
provveduto all’ingresso nello stabile. Subito dopo, un piccolo corteo
si è diretto verso il Comune di Monza, per chiedere udienza alle forze
politiche. Durante il percorso che ha attraversato i punti nevralgici
del traffico cittadino, ci sono stati diversi momenti di tensione con
la Polizia di Stato che ha accompagnato il corteo. In diverse occasioni
alcuni agenti hanno perso il controllo della situazione di fronte a
questo corteo spontaneo non autorizzato, facendosi largo a manganellate
per tentare di prendere la testa dello spezzone con l’intento di
impedire lo svolgimento della dimostrazione.

Una
volta arrivati di fronte al Comune di Monza, verso le ore 9.00, si è
verificata la situazione di maggior tensione. Mentre l’ingresso
principale del Comune, verso il quale si dirigeva il corteo, era chiuso
da un cordone di agenti, la squadra di poliziotti che ha seguito il
corteo ha cercato un varco tra i manifestanti per raggiungere per prima
l’ingresso (già presidiato), creando una situazione di confusione nella
quale un compagno della FOA BOCCACCIO è rimasto ferito alla testa in
maniera grave. Questo ennesimo intervento violento della Polizia ha
impedito definitivamente qualsiasi potenziale mediazione politica,
facendo diventare la piazza un terreno di scontro fisico e impedendo la
dimostrazione pacifica delle istanze poste
dagli attivisti.

L’ATTEGGIAMENTO DELLA QUESTURA
Le vicende di mercoledì 1 luglio dimostrano come la Questura agisca non
come organo tecnico, ma eseguendo una chiara volontà di tipo politico,
volta a impedire qualsiasi mediazione dei conflitti ma
lavorando per estremizzarli. In primo luogo è chiaramente politica la
decisione stessa di intervenire con la forza su un’occupazione appena
avvenuta nell’area dell’ex Cinema Apollo, non solo inutilizzata ma
priva di progetti di sviluppo, mentre il clima politico interlocutorio
dei giorni precedenti aveva spinto il Sindaco di Monza a parlare
pubblicamente di un incontro con il collettivo della FOA BOCCACCIO per
ragionare sulle istanze che sono state poste dal gruppo attraverso il
suo lavoro sul territorio. Mentre la scelta di concedere qualche giorno
in più di tempo avrebbe dato la possibilità che i frutti della
mediazione politica maturassero, al fine di risolvere il conflitto
senza tensioni né scontri, la Questura di Milano è intervenuta
unilateralmente decidendo di sgomberare senza preavviso l’esperienza
dell’ex Cinema Apollo.
In secondo luogo le immagini mostrano chiaramente come la gestione
della piazza da parte della Questura di Milano sia stata di una
violenza spropositata rispetto alla resistenza pacifica che gli
attivisti stavano mettendo in atto. Mentre gli attivisti si sono
presentati a volto scoperto, privi sia di oggetti d’offesa che si
strumenti di difesa, gli agenti non hanno esitato a estrarre e
utilizzare i manganelli, finendo con il ferire gravemente un ragazzo
del collettivo della FOA BOCCACCIO.
Anche questo atteggiamento di dimostra l’intenzione della Questura di
impedire qualsiasi sorta di mediazione politica, radicalizzando
conflitti altrimenti risolvibili con un atteggiamento maggiormente
interlocutorio.

I PROGETTI PER IL FUTURO
Queste intimidazioni non fermeranno il lavoro della FOA BOCCACCIO sul
territorio di Monza e Brianza, che ribadisce la volontà di lavorare nel
quartiere in cui si trova l’ex Cinema Apollo. Un quartiere che ha
accolto con inaspettato interesse la proposta del BOCCACCIO di
restituire alla vecchia destinazione d’uso l’ennesimo spazio
abbandonato, in balia di operazioni di speculazione edilizia dannose
per il vicinato.
Mentre l’immobiliare proprietaria dello stabile sponsorizza la vendita
dell’area vantando la possibilità di edificare le volumetrie
sotterranee del cinema in verticale, costruendo l’ennesimo palazzo di
fronte alle mura del parco, il quartiere chiede cultura, spazi di
aggregazione, migliori servizi sociali. Nei pochi giorni di permanenza
sull’area sono stati presi i contatti con i comitati di quartiere che
hanno aperto una vertenza contro questo tentativo di speculazione
edilizia; si sono aperte relazioni con le vicine scuole per organizzare
laboratori e proiezioni dedicate ai ragazzi; si sono avvicinati i
ragazzi del quartiere, che hanno accolto con curiosità ed entusiasmo
l’apertura di questo nuovo spazio. È con questo quartiere che vogliamo
continuare a lavorare, lavorando sulle vertenze che da anni
caratterizzano il nostro lavoro.  


CORTEO CONTRO LO SGOMBERO DEL BOCCACCIO
 
concentramento ore 15 a Monza (luogo da definirsi)
 
Lo sgombero di mercoledì 1 non ferma il nostro percorso.
Per questo motivo rilanciamo da subito una mobilitazione per sabato 11,
per riportare nel cuore della città le istanze che ci hanno portato ad occupare l’ex cinema Apollo.
 
FOA BOCCACCIO 003 – Monza
 
per adesioni
boccaccio@autistici.org

i dividendi delle guerre

I dividendi delle guerre che hanno aperto il
XXI secolo (in particolare Afghanistan, Iraq e «guerra al terrore»)
stanno progressivamente distribuendosi tra le imprese militari e
high-tech dei Paesi che quelle guerre hanno promosso o appoggiato.
Paradossalmente, si stanno distribuendo anche sui complessi
militari-industriali di alcuni Paesi che quelle guerre hanno in modo
più o meno esplicito avversate.
In questi ultimi anni significative
tendenze al rialzo mostrano sia le spese globali per la Difesa (nel
2008, dati Sipri, circa 1.500 miliardi di dollari e nel 2007 1.339
miliardi di dollari, con un incremento reale del 45% tra 2007 e 1998),
sia le esportazioni effettive (che hanno raggiunto i 65 miliardi di
dollari nel 2007 e sfonderanno probabilmente il tetto dei 70 miliardi
quando saranno disponibili i dati completi del 2008).
Tra quelli
messi in moto dall’effetto-guerre, in particolare dal tipo di guerre
combattute, possiamo identificare cinque cicli principali, relativi sia
alla produzione di armamenti che all’esportazione: un ciclo
prevalentemente relativo alle potenze che hanno promosso i conflitti;
un ciclo relativo alle potenze che ne sono rimaste fuori; un ciclo dei
trasferimenti ai mercati di secondo livello; un ciclo delle armi
civili; un ciclo dell’illegale derivato dai precedenti.
Washington,
Londra ed Alleati. Nei paesi promotori dei conflitti, in Iraq e
Afghanistan in particolare, gli elementi di spinta più ovvii sono stati
il rimpiazzo degli armamenti consumati, la spinta al loro miglioramento
tecnico, l’accresciuta esportabilitá dei sistemi che hanno dato buona
prova sul campo, l’accresciuta importanza dei servizi logistici, di
sicurezza, di costruzione militare e civile. Di particolare importanza
per la successiva esportabilità delle armi prodotte da tali Paesi è il
fatto che i sistemi sono stati provati su terreni di estrema
difficoltà, sia da un punto di vista geografico e climatico, sia da un
punto di vista logistico. La selezione che quelle guerre hanno operato
e stanno operando tra sistemi avanzati sulla carta e sistemi realmente
efficaci, tra logistiche che funzionano e logistiche che non
funzionano, ha trasferito rapidamente i suoi effetti venefici sui
mercati internazionali. Gli esiti principali di tale ciclo si stanno
trasferendo sui volumi e la qualitá delle esportazioni verso i mercati
più ricchi, nel caso i mercati Nato, Mediorientali,
Asiatico-Meridionali. Ancora in tale ciclo, la natura delle guerre
recenti maggiori ha poi enfatizzato il ruolo delle compagnie militari
private, utilizzate nei servizi di sicurezza alla persona e alle
strutture, nelle carceri, nell’intelligence, nelle operazioni sporche
di eliminazione «non-convenzionale» dell’avversario o contro la
popolazione civile.
Al maggio del 2009, il personale privato sotto
contratto della Difesa statunitense era pari in Iraq a 148.050 persone,
di cui circa 88.000 addetti alla sicurezza e al supporto delle basi
(sul totale, ben 70.875 di nazionalità non statunitense, a fronte di
140.000 soldati statunitensi) e pari in Afghanistan a 71.755 persone,
di cui 4.373 addetti alla sicurezza (sul totale ben 60.563 di
nazionalità afghana, a fronte di 35.000 soldati statunitensi)
Mosca, Pechino, Parigi e gli altri. Tra le potenze che sono rimaste
fuori dai conflitti (almeno inizialmente e per la Russia solo
parzialmente), la necessità di tenere il passo con le potenze
belligeranti e con i loro sistemi provati sul campo ha da un lato reso
politicamete più forti le richieste dei rispettivi ministeri della
Difesa per nuovi sistemi d’arma e per ristrutturazioni dell’apparato
produttivo e di esportazione militare, con enfasi sulla mobilità e
sulle forze speciali di rapido intervento. A tale parte «interna» se ne
è affiancata un’altra, relativa alla proiezione esterna della
produzione militare. In numerosi Paesi del «Sud» del mondo, infatti, le
guerre promosse da Stati Uniti e Regno Unito hanno creato una corrente
di solida avversione nei confronti di Washington e di Londra, favorendo
in essi la crescita d’influenza dell’offerta militare di altre
metropoli – Mosca, Pechino, in minor misura Parigi, Minsk, Brasilia,
Pretoria, tra altre. La Russia, ad esempio, ha consolidato il suo
settore militare-industriale in circa venti complessi maggiori e il
controllo dell’export di armi è tornato solidamente nelle mani
dell’organizzazione statale Rosoboronexport, con 8,3 miliardi di
dollari di armi vendute nel 2008.
I mercati di secondo livello. La
spinta all’adeguamento verso l’alto dei sistemi d’arma in tutte le
maggiori potenze produttrici ha «liberato» progressivamente ingenti
quantità di sistemi ritenuti più arretrati, che stanno andando ad
alimentare i mercati di secondo livello e «grigi». Chi non può
permettersi di accedere ai mercati di primo livello, si sta dotando di
quanto di meglio possano offrire gli stock di secondo livello. Paesi
che hanno ambizioni egemoniche regionali ma risorse limitate possono
ora accedere a sistemi d’arma ancora micidiali, ma non più in dotazione
agli eserciti di punta. La possibilità di introdurre in tali sistemi
miglioramenti a basso costo è poi assicurata da Paesi con notevole
know-how militare – come Bulgaria, Israele, Repubblica Ceca, Repubblica
Slovacca, Ukraina – che si sono specializzati nel servizio di quel tipo
di clientela. Ad esempio, ciò che rimaneva degli ingenti stock di
armamenti accumulati dalle parti belligeranti nei conflitti balcanici
degli anni 90 è poi migrato ufficialmente o clandestinamente verso
l’Afghanistan, l’Iraq, la Somalia, il Rwanda la Republica Democratica
del Congo e l’Uganda.
Le armi «civili». Nelle aree «calde» del
mondo, sia aree di conflitto, sia aree loro vicine, si stanno
verificando vere e proprie esplosioni di passione venatoria e di tiro
al piattello. All’ombra di autentici cacciatori e maniaci dei poligoni
di tiro fioriscono flussi considerevoli di doppiette, fucili
semi-automatici, pistole, cartucce, proiettili, canne d’arma, non
militari o demilitarizzati, ma con la deplorevole tendenza a finire
prima o poi nelle mani di combattenti «irregolari» ed eserciti privati.
Se può bastare un dato, nel 2008 l’Italia ha esportato nel mondo
pistole e fucili «civili» per 310 milioni di dollari.
Il ciclo
dell’illegale. Accanto e spesso sovrapposto al percorso cosiddetto
legale, un ultimo ciclo prodotto dall’effetto-guerre riguarda la
crescita dei mercati grigi o illegali, in realtà per la più parte
mercati che vengono lasciati esistere perché servono variamente le
parti meno presentabili delle politiche estere delle potenze in
competizione. Le cronache recenti ci riportano traffici d’ogni tipo
promossi da membri degli apparati militari, delle compagnie militari
private, dei circoli di trafficanti di armi e dei fornitori di servizi
logistici. In tali mercati – benchè vi si possa trovare di tutto –
prevalgono le armi di fanteria, le dotazioni per le forze speciali, le
armi d’elezione della guerriglia, i sistemi anti-aerei e anti-carro
portabili dalla persona. L’origine di tali armi non è misteriosa, tutti
sanno da chi e come i trafficanti che si muovono su questi mercati
hanno avuto quelle armi.
Il ciclo delle guerre e i cicli delle armi
si alimentano a vicenda, producendo da un lato enormi dividendi
economici e politici e dall’altro nuovi scenari di crisi nella lotta
per l’egemonia. Quando la sinistra si sveglierà dal suo letargo
ventennale, potrebbe trovare una divisa ad attenderla.
Sergio Finardi

da indymedia emiliaromagna

[CH] sabotato campo ogm a pully

da indy ch

la notte del 22 giugno ha avuto luogo un’azione di sabotaggio contro il campo sperimentale ogm a Pully (VD)-
delle bottiglie contenente un cocktail letale per le piante sono state lanciate all’interno del campo.
lo scopo di quest’azione e di danneggiare lo svolgimento di questo esperimento in piena aria.
un atto di resistenza contro l’invasione del transgenico nelle nostre vite e in quelle di tutti gli esseri della terra.
è
impossibile di contenere gli effetti del ogm e lo scopo di queste
ricerche non è certamente il proteggerci contro i loro effetti
negativi. ma di spianare la strada alle multinazionali del transgenico
per imporci i prodotti ogm.
le lobby biotech hanno inventato una
falsa distinzione tra ricerca pubblica e ricerca privata. la prima, per
come si definisce a beneficio dell’umanita, la seconda a solo beneficio
delle aziende private.
la verita e che esiste solo una volonta,
quella di fare profitti su quello che è di tutto il mondo e di
trasformare il pianeta in una sterile monocultura.
i risultati di decenni di agricoltura industriale e di ricerca scentifica sono tragici, per le popolazioni e per la natura.
non
abbiamo bisogno di ricercatori per sapere cosa è eticamente
giustificabile e agiamo ascoltando il nostro cuore, rifiutando le
logiche di profitto a tutti i costi.
ci opponiamo e ci difendiamo, e se necessario infrangiamo la legge.
sappiamo
che il metodo impiegato sembrera controverso ma che possiamo fare
davanti alla violazione dell’intimita di ogni essere vivente, se non
resistere con tutte le forze e con ogni mezzo necessario?

per una terra libera e selvaggia