L’autogestione è inarrestabile


Inarrestabile
perché si nutre di desideri, sogni, idee, progettualità di individui
liberi.
In autogestione abbiamo occupato questo spazio dando una risposta alle
esigenze e alle volontà di centinaia di persone che sono subito accorse
per condividere questo percorso.
Da un lato le istituzioni controllano il territorio con la logica delle
spartizioni politiche, dall’altro la cultura e i luoghi di aggregazione
sono sempre più soggetti a dinamiche di tipo commerciale.
Ma non possiamo pensare che la socialità e la vivibilità di un
territorio si possano esaurire in queste risposte.
Lo hanno dimostrato le centinaia di persone che hanno attraversato in
questi giorni questo spazio liberato legittimando con la loro presenza
questo percorso, infischiandosene se lo spazio fosse di proprietà
pubblica o privata.
In una società realmente liberata il diritto di proprietà non può
scavalcare il rispetto del territorio come bene comune. Ogni luogo
abbandonato, sia pubblico che privato, è uno spazio sottratto alle
possibili progettualità di una comunità.
Lo spazio che abbiamo occupato è inutilizzato da circa 15 anni e non ci
risulta che su quest’area ci sia da parte del proprietario nessun
progetto immediato. Se fosse così questo posto resterebbe abbandonato
per chissà quanto altro tempo ancora, cosa che risulta negativa alle
persone che abitano qui attorno, che si sono invece mostrate solidali e
contente della una nuova vitalità che ha riconquistato lo spazio.
Già tante realtà sociali, culturali e artistiche che non hanno trovato
risposta da parte delle amministrazioni per poter autogestire le
proprie attività, si sono rese disponibili per condividere con noi
questo percorso.
Per questo continuiamo a ribadire che il processo dell’autogestione è
inarrestabile e facciamo quindi appello alle forze sociali di questa
città per l’apertura di un tavolo di confronto con la proprietà. Un
tavolo dove una figura super partes faccia da garante per un dialogo
costruttivo.
Sarebbe un grave errore rispondere sempre con gli sgomberi a
un’esigenza così forte e diffusa.
Gli/le occupanti dell’ex caseificio di San Martino di Mugnano.

Foto dello spazio:

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