2 giugno, conclusa l’esperienza dell’ex caseificio occupato

Questo documento è il frutto di varie discussioni collettive di quante
e quanti hanno attraversato l’esperienza dell’Ex Caseificio occupato di
san martino di mugnano.

Abbiamo oltrepassato quel cancello per dare respiro ai nostri desideri.
Uno spazio dell’abbandono e della speculazione (sugli animali, sui corpi,
sul territorio) ha conosciuto il fremito dell’attività dirompente di
uomini e donne che ridefiniscono senza delega e senza paura il loro
presente. Condivisione dei saperi e dei ruoli, vita comunitaria,
solidarietà ed internazionalismo hanno attraversato questo spazio nella
volontà delle persone che vedono nell’autogestione una possibilità
concreta di vita, di esistenza.

Uno spazio liberato non può garantire in se l’affermazione delle pratiche
dell’autogestione in quanto molteplici sono i gradi e le profondità della
liberazione. Solo gli individui, nella loro responsabilità quotidiana
possono stabilire e legittimare la rilevanza di questi percorsi.
Insieme, persone diverse di diverse città, con l’appoggio solidale di
tanti uomini e donne da altre città d’Italia e con la consapevolezza di
una memoria collettiva ampia che si inscrive nella storia del movimento,
abbiamo costruito le condizioni per occupare ed autogestire questi spazi.

Mai abbiamo pensato che l’azione ribelle dell’occupazione si esaurisse con
"l’attraversamento del cancello", ma che anzi iniziasse da quel momento
l’esperienza dell’autogestione.

Di incontri pubblici e momenti di socializzazione ne abbiamo promossi
molti, cosi’ come tante sono state le ore dell’infaticabile trasformazione
degli spazi per renderli attraversabili ai nostri desideri.
La discussione
permanente, alla costante ricerca del più ampio coinvolgimento collettivo,
ha attraversato tutti questi momenti.
Ed e’ attraverso questi momenti di
discussione che si e’ definita la circostanza reale di un’assenza.
Un’assenza, prima di tutto logistica di uno spazio abitativo agibile che
rendesse possibile la permanenza prolungata all’interno dello spazio
occupato.

Ma soprattutto un’assenza riscontrata nella capacita’ di
partecipazione e coinvolgimento nello sviluppo dei molteplici processi e
attività dell’autogestione.
I motivi e la dimensione di quest’assenza
divengono l’oggetto della discussione e del ragionamento collettivo e negli
spazi dell’assenza abbiamo ristabilito la necessita’ di salvaguardare
l’obiettivo sullo strumento, ovvero le relazioni di una comunità liberata
attraverso l’autogestione, contro gli spazi all’interno dei quali dovrebbe
avvenire questo percorso di liberazione.

Il tavolo di trattativa aperto con il proprietario, inoltre, ha messo
sul piano del ragionamento un altro importante elemento: questo spazio
verrà a breve demolito e rivenduto a fini di ricostruzione edilizia
abitativa. In pratica si faceva concreta la necessita’ di organizzare
un percorso di difesa ad uno sgombero che si sarebbe fatto imminente
subito dopo le prossime elezioni.
Prospettiva impensabile…

E’ in base alla considerazione di questi elementi che abbiamo proposto
e concordato col proprietario che avremmo continuato le nostre attività
fino al 2 giugno.

Se politicamente abbiamo costruito le condizioni per occupare questo
spazio, all’interno dei processi dell’autogestione si sono determinate le
condizioni per cui la presenza (e l’assenza) all’interno di questo spazio
in questo determinato momento limita le capacita’ stesse di un percorso di
autogestione ampio e condiviso.

Se la circolazione e lo scambio del
desiderio viene a mancare bisogna riconsiderare le relazioni umane e non
gli spazi che in questo momento potrebbero accoglierli.

Autoritario sarebbe non percepire le assenze, raggruppare le assonanze,
dividere i percorsi.

Fare un passo indietro da una strada che comunque la nostra volontà ha fin
qui costruito, non e’ oggi un momento di paralisi o vigliaccheria.

E’ un supremo e rispettoso momento di ridefinizione delle relazioni e degli
obiettivi di una piccola comunità resistente.

L’autogestione non e’ mai esclusivamente uno strumento, ne un grimaldello
di potere atto a forzare la discussione collettiva nel nome della
salvaguardia di un principio, al di sopra di tutti/e.

L’autogestione e’ anche e sempre un obiettivo, che va costruito, incalzato,
coccolato, rivisitato e riprogrammato.
E’ l’obiettivo, l’unico che come
libertari legittimiamo, per raggiungere una società realmente libera da
oppressione, autoritarismo e ingiustizia.

Ex Caseificio Occupato